Prandelli restituirà al boemo due giocatori promossi (per l'impegno e i gol). Prendiamoci pure quella ventata di freschezza portata nel finale da El Shaarawy, ma sul resto, inteso come gioco, c'è qualcosa su cui riflettere
ROMA - Prendiamoci il risultato, perché è buono, buonissimo, tre punti e tre gol in trasferta, conferma del primo posto in classifica e martedì, se vinciamo a Milano, avremo la possibilità di eliminare dal giro della qualificazione una delle tre nazionali finaliste di un Europeo del nostro girone, la Danimarca. Prendiamoci (e, se vuole, li prenda anche Zeman) i gol di De Rossi e Osvaldo, che tornano in Italia senza il muso lungo di questi giorni: se il boemo aveva consegnato a Prandelli due giocatori bocciati (per l'impegno), Prandelli restituirà al boemo due giocatori promossi (per l'impegno e i gol). Prendiamoci pure quella ventata di freschezza portata nel finale da El Shaarawy, ma sul resto, inteso come gioco, c'è qualcosa su cui riflettere. Partendo però da una premessa: l'Italia non è ancora quella dell'Europeo, ma è ancor più lontana dall'Italia di Sofia e da quella affannata con Malta. Rispetto al mese scorso, il passo avanti è stato evidente, anche perché l'Armenia, per quanto si è visto, è più forte della Bulgaria e soprattutto di Malta. Per Prandelli non sarà facile ripercorrere la stessa strada preEuropeo. Allora aveva puntato sulle motivazioni del carattere, aveva raccolto la squadra dalle macerie sudafricane e aveva puntato sull'orgoglio. E anche sul gioco, sul possesso palla, sugli inserimenti da dietro, non attaccanti fissi in area, ma 4-5 giocatori che assaltano l'area. E' stato uno spettacolo per due anni, Europeo compreso, finale esclusa. Ora è come se quella magìa fatichi a uscire allo scoperto, a volte riaffiora, altre volte resta sotto traccia fra le incertezze di una squadra che non riesce a guarire dal suo maggiore difetto: sbaglia troppo in area di rigore. Troppo. A molti sono piaciuti i primi 10' dell'Italia. A noi no. Sarebbero stati piacevoli e interessanti se fossero stati parte di un allenamento, quando si provano gli schemi che non prevedono il tiro in porta. Perché in campo è successo proprio questo, l'Italia è entrata in area armena tre volte in 10' ma ha palleggiato e mai concluso, due volte con Giovinco, una con Montolivo, hanno cercato l'assist e non provato il tiro. In quei momenti ci è tornata in mente la strana partita delle Far Oer, quando la Nazionale aveva giocato 90 minuti nella metà campo avversaria, aveva parcheggiato a lungo al limite dell'area dei nordici, ma anziché tirare, palleggiava, compiacendosi della sua beltà, quando invece, in certi momenti, è preferibile essere brutti e cattivi. A furia di parlare il catalano, abbiamo preso dal Barcellona quello che non possiamo prendere: se in area si passano la palla Messi e Villa, fanno gol 9 volte su 10; se se la passano Giovinco e Osvaldo, la percentuale si abbassa. Non è che la Nazionale segni poco (7 gol in 3 partite possono andar bene), segna poco in base a quanto produce. Avrebbe bisogno di Bobo Vieri, di Pippo Inzaghi, avrebbe bisogno più realisticamente di Mario Balotelli come lo immagina Prandelli. El Shaarawy è entrato in campo dando una svegliata all'attacco, Destro aveva conquistato il ct nell'amichevole contro l'Inghilterra, Insigne è già nel cuore dello stesso ct, ma questo trio di speranze ha bisogno di crescere, così come l'Italia ha bisogno prima possibile di una spalla vera per Osvaldo, ieri al terzo gol in tre partite. Magari Balotelli riuscirà a guarire dall'influenza e a giocare nel suo vecchio stadio. Sa di non avere molte altre chances nella squadra di Prandelli, quasi rassegnato di veder disperdere un talento nella confusione del personaggio. Ma se Mario si sveglia, e insieme al suo solito problema personale risolve anche quello della squadra, fileremo veloci verso il Brasile.
Alberto Polverosi
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